... e poi basta.

Non sono una persona impegnata nel sociale e nel politico. Se volete sentirmi infervorato fatemi parlare di cinema o di fumetti. Quello è il mio mondo. Però ecco, non è che vivo su Marte.

Oggi ho passato la giornata (ok, non tutta, stavo lavorando...) a ripetere le stesse cose a persone diverse. Facebook è diventato un nido di esperti di politica ed economia.

Il mio parere su quello che è successo con il referendum vale tanto quanto il vostro sulla questione referendaria, a meno che siate effettivi esperti.
Se la cosa vi sta bene, continuate a leggere, altrimenti amici come prima, non vi biasimo. Questo post è dedicato non solo a chi è d'accordo con me, ma anche a chi vuole discutere in modo civile sull'argomento. Non sono proprio per nulla il detentore della Verità assoluta. Anzi, se dirò cavolate qui di seguito, vi invito a correggermi (vi prego, discutiamo in modo civile, è possibile).

Detto questo: quello di ieri era un referendum abrogativo su una questione tecnica.
Prima di entrare in merito della questione, come funziona un referendum popolare di questo tipo?
Un'entità, in questo caso un agglomerato di nove regioni, raccoglie 500.000 firme per far sì che una legge già approvata venga rimossa o modificata. In Italia non è possibile allo stato attuale fare un referendum popolare propositivo. Una mancanza, secondo il mio modesto parere, ma passiamo avanti. Questo referendum va presentato agli organismi competenti per l'approvazione e se valido viene effettuato.
Numeri spicci. In Italia gli aventi diritto di voto sono circa 50 milioni tra Italia e estero. Vuol dire che, al minimo, il quesito referendario rappresenta lo 1% della popolazione. Al che, come si fa a dare valore (sottolineo dare valore) ad una cosa di questo tipo? Con il quorum.
Se il quesito referendario porta alle urne (attenzione: porta alle urne, senza riferimento a cosa voteranno gli elettori nè se il loro voto sia valido o meno) almeno la metà più uno degli aventi diritto, l'output del referendum avrà valore, altrimenti no. La conseguenza logica di questa cosa, nonostante le diatribe infinite che ho avuto oggi, è una sola: a livello di effetto sul quesito referendario, l'astensione è a livello strategico meglio del voto negativo.
Questo vuol dire che astenersi è uguale a votare no? No.
Votare no ha due effetti: dà valore al quesito referendario, aumenta la possibilità di raggiungere il quorum.
Astenersi ha altrettanti effetti: toglie valore al quesito referendario, diminuisce la possibilità di raggiungere il quorum.
Dunque, domanda legittima: ma in questo modo perchè dovrebbe esistere la possibilità di votare "no"?
Per pareggiare il tutto. Se non ci fosse la possibilità di votare "no", il quesito sarebbe vinto al superamento del quorum, senza nessun modo di controbattere. Invece, nel caso in cui il quorum sia in raggiungimento, il "no" dà modo di controbilanciare. Se i votanti sono propensi in modo netto per il sì e il quorum viene superato, c'è poco da fare. Ma se la situazione è ambigua e le schede non valide sono molte, il no esplicito dà modo di esprimersi.
Le situazioni sono dunque due:
  1. Le persone andate a votare sono meno della metà degli aventi diritto -> il quesito referendario non interessa ad abbastanza persone e perde di valore
  2. Le persone andate a votare sono più della metà degli aventi diritto -> la fazione dei sì e dei no hanno le stesse possibilità di vincere il referendum.
L'astensione è dunque un trucchetto che avvantaggia il "no"? No.
Come il "no" equilibra il "si" in caso di quorum superato, l'astensione equilibra l'esistenza del referendum con quorum non superato. Se non esistesse il quorum, una proposta scritta da una percentuale molto bassa della popolazione si esprimerebbe a nome di tutti.
L'astensione è uno strumento politico. Si sta dicendo "io questo referendum non lo voglio votare" (per motivi vari).
Problema correlato a questa questione, ma è un problema relativo visto che riguarda solo la discussione politica, è che risulta impossibile distinguere gli astenuti per pigrizia dagli astenuti consapevoli.
Dunque, concludendo, ai miei occhi ignoranti, lo strumento referendario in sè non è fraudolento, e le sue componenti, quorum compreso, hanno senso di esistere (aggiungo, fino a stamattina ero convinto che il quorum non dovesse esistere). 
Quello che manca, secondo me, è un controllo a monte. Il referendum ha un costo molto alto, e risultano soldi sperperati in caso di quorum non raggiunto. Sento che questa cosa è migliorabile, ma non ho gli strumenti per pensare a come.

Ora, il referendum in oggetto. Credo di aver palesato la mia posizione ma la esplicito: mi sono astenuto.
L'ho fatto per una serie di motivi: 
  1. Non voglio votare una questione tecnica che dovrebbe essere valutata da tecnici e non dalla gente comune che si è informata qualche ora su internet (quando va bene). Come non ho votato il quesito sul nucleare ai tempi. In quel referendum ho votato solo contro il legittimo impedimento.
  2. Non è un referendum che porterà miglioramenti alla politica energetica italiana. Niente di quello che contiene il quesito riguarda questa cosa. Semplifica il processo di rinnovo dei contratti per le estrazioni. Fa un favore alle compagnie petrolifere? Sì, certo. Ma pensavate che alla scadenza del contratto tutto sparisse e non ci fossero rinnovi? E, detto questo, il cambio è dalla fine del contratto all'esaurimento del giacimento. Giacimenti fossili, non dimentichiamolo. Si è prolungato tutto di una decina d'anni al massimo. Mi ha fatto parecchio ridere leggere commenti come "adesso potranno trivellare all'infinito" o "le compagnie fingeranno che ci sia ancora roba da estrarre per rimanere" (perchè certo, i petrolieri son scemi). 
  3. Corollario al punto precedente: no, non penso che i petrolieri siano dei santi. E non sono così cieco da non pensare che dietro questa cosa non ci sia del malaffare. Ma il nostro problema come paese è così radicato che non è questo voto che cambierà effettivamente qualcosa.
Per chiudere la questione, non ho niente da criticare a chi ha votato sì. Quello che mi ha dato fastidio è la violenza con cui si è attaccato chi non è andato a votare, come se non fosse stato fatto con coscienza (tirando pure in ballo le lotte per il diritto di voto).
Ed è vero, parecchi non l'avranno fatto con coscienza. Ma potete dire altrettanto di chi è andato a votare sì, visto che una delle motivazioni principali era dare fastidio a Renzi?
A margine, il fatto che un premier spinga ad non andare a votare è una cosa disdicevole. Non illegale, come si sta sentendo. Disdicevole. E sorvolo sul #ciaone.
Però ecco, la generalizzazione fatta da un sacco di gente mi ha davvero mandato fuori di matto. Perchè, di base, vuol dire non aver capito come funziona questa cosa. E, ed è peggio, non accettare il fatto che la si possa pensare in modo diverso. Non sto stuprando il diritto di voto astenendomi, sto usando gli strumenti che il referendum prevede.
Inoltre il quorum non è stato raggiunto nemmeno nelle regioni che questo referendum l'hanno voluto. Qualcosa vorrà dire.

Ho avuto un sacco di discussioni oggi, sia con gente che ha votato sì e capace di discutere, sia che ha votato sì solo per far rosicare Renzi, sia che la pensa come me, sia gente che ha votato "no" incapace di sostenere una discussione civile (e, questo non me lo aspettavo, quest'ultimo caso è stata la non-discussione peggiore). Con questo pippone volevo dire in modo completo la mia.

P.s.: a margine, ho recuperato il mio post (in cui mi riconosco a sprazzi) sul referendum del 2011: http://cronachediunavitaqualunque.blogspot.it/2011/06/chi-ha-qualcosa-da-dire-parli-ora-o.html. Sì, sono decisamente cambiato.

Errata corrige: le firme necessarie per indire un referendum sono 500.000, non 5.000 come ho scritto in precedenza. Cambiano i numeri e le proporzioni, ma il discorso è lo stesso. Però mi sembrava giusto correggere ;-)







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